20.1.11

Io sono qui



Premessa: questo non è un blog in cui si parla di politica, questo è un blog in cui si parla di vita, di scuola, di esperienze. E' scritto da me, una donna. Per rispetto nei confronti dei miei lettori tendo a non sbilanciarmi, so che le famiglie di molti allievi e ex allievi visitano le mie pagine, non conosco le loro idee politiche, le rispetto tutte. Come insegnante ho il dovere di impegnarmi affinchè i piccoli allievi e le piccole allieve con cui lavoro crescano con consapevolezza, con curiosità, con la voglia di confrontarsi con tutti, di ascoltare e di essere cittadini attivi.

La parola "politica", che troppe volte ormai per noi ormai ha un'accezione negativa, risale ad Aristotele ed è legata al termine "polis", che in greco significa la città, la comunità dei cittadini; politica, secondo il filosofo ateniese, significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.

Io faccio parte di una comunità, voglio partecipare, cerco strade e modi per far sentire la mia voce, e se c'è un appello rispondo.

L'articolo che riporto è stato scritto dal direttore dell'Unità, una donna molto intelligente e di grande cultura.
L'appello che troverete al fondo è su L'Unità.
Avrei preferito un appello su uno spazio più neutro, perchè avebbe favorito l'incontro di donne di destra, sinistra, centro, nord, sud e isole, per rispondere insieme "Io ci sono, io non sono in vendita, io combatto tutti i giorni per i valori in cui credo, per la mia dignità e per la dignità di ogni essere umano, per la giustizia, per la legalità, io voglio conquistare i miei piccoli/grandi successi a costo di fatica e impegno e non di regalie..."

Spero che nasca presto uno spazio così, spero ne nascano tanti di spazi virtuali e fisici in cui ritrovarci e condividere valori.
Nel frattempo pubblico questo. E firmo.

"Invece"
di Concita De Gregorio
18 gennaio 2011

"Esistono anche altre donne. Esiste San Suu Kyi, che dice: «Un’esistenza significativa va al di là della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno, all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».

Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.

Sono sicura, so con certezza che la maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga bunga. Sono certa che la prostituzione consapevole come forma di emancipazione dal bisogno e persino come strumento di accesso ai desideri effimeri sia la scelta, se scelta a queste condizioni si può chiamare, di una minima minoranza. È dunque alle altre, a tutte le altre donne che mi rivolgo. Sono due anni che lo faccio, ma oggi è il momento di rispondere forte: dove siete, ragazze? Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete. Di destra o di sinistra che siate, povere o ricche, del Nord o del Sud, donne figlie di un tempo che altre donne prima di voi hanno reso ricco di possibilità uguale e libero, dove siete? Davvero pensate di poter alzare le spalle, di poter dire non mi riguarda? Il grande interrogativo che grava sull’Italia, oggi, non è cosa faccia Silvio B. e perché.

La vera domanda è perché gli italiani e le italiane gli consentano di rappresentarli. Il problema non è lui, siete voi. Quel che il mondo ci domanda è: perché lo votate? Non può essere un’inchiesta della magistratura a decretare la fine del berlusconismo, dobbiamo essere noi. E non può essere la censura dei suoi vizi senili a condannarlo, né l’accertamento dei reati che ha commesso: dei reati lasciate che si occupi la magistratura, i vizi lasciate che restino miserie private.

Quel che non possiamo, che non potete consentire è che questo delirio senile di impotenza declinato da un uomo che ha i soldi – e come li ha fatti, a danno di chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e puttane portate a domicilio come pizze continui ad essere il primo fra gli italiani, il modello, l’esempio, la guida, il padrone.

Lo sconcerto, lo sgomento non sono le carte che mostrano – al di là dei reati, oltre i vizi – un potere decadente fatto di una corte bolsa e ottuagenaria di lacchè che lucrano alle spalle del despota malato. Lo sgomento sono i padri, i fratelli che rispondono, alla domanda è sua figlia, sua sorella la fidanzata del presidente: «Magari». Un popolo di mantenuti, che manda le sue donne a fare sesso con un vecchio perché portino i soldi a casa, magari li portassero. Siete questo, tutti? Non penso, non credo che la maggioranza lo sia. Allora, però, è il momento di dirlo."


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4 commenti:

  1. anche io ci sono... l'appello è irresistibile...

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  2. Antonio Fucile11:05 AM

    Ciao Paola,
    anche stavolta mi colpisci con un nuovo post.
    Temo di dilungarmi troppo ma ho voglia di esporti il mio punto di vista sull'articolo di Concita De Gregorio; non prima, però, di averti ringraziata per aver ricordato a tutti i tuoi lettori che cosa vuol dire "politica".
    Dalla definizione di questo termine mi nasce un primo spunto: come si fa a partecipare alla politica in senso lato? Servono tre elementi, io credo, cioè:
    1. avere quel minimo di serenità che deriva dall'essere in salute e dal riuscire a soddisfare i bisogni strettamente necessari;
    2. essere volenterosi o almeno curiosi;
    3. possedere le chiavi di lettura per esprimere un punto di vista personale ma sensato su ciò che ci circonda.

    Il primo e il terzo elemento dipendono molto da fattori esterni (educazione ricevuta, possibilità di lavoro offerte dal luogo in cui si vive, bombardamento della pubblicità...) e a loro volta influiscono sulla curiosità/buona volontà, che invece è facoltà di tutti noi. Quanti, dunque, hanno effettiva possibilità di occuparsi della politica - incluso il tema di cui si occupa la De Gregorio? Non ho una risposta. La società italiana è molto contraddittoria: da un lato aumentano i poveri, che quindi sono sprovvisti del primo elemento che ho citato; dall'altro aumenta la diffusione della banda larga, che facilita l'acquisizione del terzo elemento.
    Temo, tuttavia, che troppe persone manchino della curiosità pur essendo minimamente agiate e colte. Un aneddoto: martedì sono andato in Comune per saperne di più sull'acquisizione del Comune di alcuni terreni. L'impiegato mi riconosce, ha una buona memoria e si ricorda che mesi addietro mi ero presentato per altre questioni. Dice, all'incirca: "In tredici anni, da quando sono qui, non ho mai visto un cittadino come lei che venga ad interessarsi di questioni "politiche": oltre gli immediati confini della propria abitazione c'è un menefreghismo assoluto". Forse era un complimento nei miei confronti, ma mi ha lasciato l'amaro in bocca: avrà esagerato, però davvero c'è scarso interesse dei cittadini verso temi che li riguardano. Eppure, se riesce a interessarsene uno come me, non ci vuole una scienza...
    Allora ritorno alla domanda di prima: c'è solo cattiva volontà o c'è anche altro - a parte gli oggettivi impedimenti di chi non può mettere insieme il pranzo con la cena? Non ho una risposta, lo ripeto, ma mi piacerebbe ottenerla e sarebbe abbastanza facile, in teoria. Basterebbe che i mezzi d'informazione dessero più notizie vere e complete (trascuro il ruolo delle insegnanti non perchè meno importante, anzi, ma la stragrande parte della società non è più sui banchi della scuola dell'obbligo). A quel punto, non ci sarebbero più dubbi: i cittadini che vivono in condizioni minimamente decenti avrebbero tutte le possibilità per partecipare veramente (qualcuno di più, altri di meno) e se non lo facessero sarebbero indegni di essere chiamati cittadini.
    Finalmente qui arrivo al tema dell'articolo della De Gregorio. Lo condivido ma non mi soddisfa.
    (parte 1 - continua)

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  3. Antonio Fucile11:05 AM

    In primis, penso che le reazioni alle vicende di questi giorni dipenderanno solo da come si descriveranno le vicende stesse (ammesso che corrispondano alle effettive accuse: non ho ancora capito il confine tra "voci" e carte ufficiali). Se si rende chiaro che le vicende in questione sono di prostituzione, beh, credo che quasi nessuna madre o ragazza potrà dire: "Wow, è la vita è che voglio". [Ho scritto "quasi" perchè comunque le prostitute sono sempre esistite e forse sempre esisteranno, ma certamente sono un numero molto basso rispetto alla popolazione intera.] Non si può cascare dalle nuvole, non si può pensare: "Vabbè, che c'è di male a "fare le carine" o ad avere la fortuna di aver conquistato un bancomat in forma di (quasi)uomo?"; questo pensiero è già decisamente riprovevole, ma qui stiamo parlando di molto peggio. Insomma, non la vedrei come una questione d'indignazione femminile, ma più come una questione di verità nell'informazione: se c'è, non può che portare a una riprovazione generale ed è secondario doverla manifestare - a mio avviso, ovviamente. È come se dovessimo scendere in piazza per ogni Cetto La Qualunque che vediamo al potere: dimostrazione sana, ma a mio parere limitata.
    Più interessante, sempre secondo me, sarebbe portare avanti una campagna sul come reagire, superando il grido "Ora basta". Qui forse casca l'asino: io credo nella buonafede della De Gregorio, però sinceramente non ricordo atteggiamenti concreti dalla parte politica vicina al suo quotidiano per frenare questo regresso. Faccio un esempio banalotto: a Rivoli è donna solo un assessore su 8 e solo un consigliere del Pd su 13. Queste sarebbero le pari opportunità?
    È in questo tipo di campagna, secondo me, che la De Gregorio potrebbe essere trascinante: quella che lancia invece è sì importante, ma troppo "povera di contenuti", se posso osare.
    Ad esempio potrebbe raccontare i tanti begli esempi di ragazze che s'impegnano alla grande (oltre alle quasi-ragazze oltre il 40esimo anno d'età, se me lo permetti). Ne dico uno solo: il progetto dei Nasi Rossi per le scuole medie http://www.viptorino.org/files/progetto_scuole_rosso_speranza.pdf sta per andare ufficialmente in porto e una delle principali artefici è una mia coetanea.
    Ciao
    Antonio
    (parte 2 - fine)

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