Pensieri, parole, opere, e soprattutto omissioni (Mi piace l’ordine, ma non sono praticante)
31.1.11
Tra i banchi
Inaugurazione: Giovedì 17 febbraio 2011 Ore 16.00-18.00
ARCHIVIO DI STATO DI TORINO
Piazzetta Mollino (lato Teatro Regio)
La mostra sarà aperta fino al 16 aprile
Destra, sinistra, centro...Donne
Dopo la lettera di Concita De Gregorio, riportata nel post "IO SONO QUI" con gioia segnalo la lettera di Giulia Bongiorno a Repubblica: “Noi donne calpestate, non possiamo tacere”.
L’autrice dell’articolo è Presidente Commissione Giustizia della Camera, parlamentare di destra e neo-mamma.
Benedette valutazioni...
Ho appena trovato sul blog dell'amica Francesca un interessante post dal titolo
"..SOGNANDO una valutazione a misura di studente... " di cui consiglio la lettura.
Si parla del modello scolastico finlandese, che ha un tasso di successo del 99%, ma in particolare ci si sofferma sulla valutazione nei primi anni della scuola primaria.
Riporto qui la frase che più mi interessa:
"...Non c’è valutazione degli alunni prima che compiano 10 anni e si ricorre molto all’autovalutazione. Dopo, i voti vanno dal 4 (insufficiente) al 10. Ma non si lasciano indietro i bambini che hanno preso 4: si fa di tutto per aiutarli a migliorare. E alla fine tutti arrivano alla sufficienza! In realtà non si valuta la performance scolastica, ma piuttosto il grado globale di riuscita, tenendo conto sia delle capacità sia dell’impegno di ciascun bambino."
Ritengo che questo sia uno dei nodi fondamentali dell'insegnamento: saper guidare gli alunni all'autovalutazione, al riconoscimento delle varie tipologie di errori commessi e delle difficoltà riscontrate.
Spesso con i bambini parlo degli errori come di malattie da curare: c'è chi sbaglia per la fretta, chi perchè si distrae, chi non ha proprio capito un metodo e chi non si è semplicemente esercitato abbastanza, chi sbaglia perchè si emoziona...Come dei dottori l'insegnante e i bambini devono scoprire di che malattia si tratta (in alcuni casi le tipologie si sommano) e cercare insieme la cura giusta.
Qualcuno ha bisogno di maggior silenzio e concentrazione: gli si può permettere di lavorare in certe occasioni fuori dall'aula.
Alcuni bambini di fronte a una pagina piena di operazioni si perdono, la cura può essere assegnarne e correggerne una alla volta.
Per qualche bambino basta qualche giorno in più per ripassare, potrà venirci a dire lui quando si sente pronto a riaffrontare la prova (e vi assicuro che non se ne dimenticherà e verrà a chiedere).
Indubbiamente nelle classi molto numerose questo è un aumento di lavoro, ma assolutamente utile, gratificante e incoraggiante per i bambini.
Nell'arco di 10 giorni quest'anno ho potuto constatare che chi inizialmente pareva non aver raggiunto pienamente alcune competenze, in realtà aveva solo bisogno di uno STOP and GO.
Ho trovato oggi la frase di Winston Churchill:
"Il successo è l'abilità di passare da un fallimento all'altro senza perdere l'entusiasmo"
Ecco il senso dei nostri errori, utilizzarli al meglio e con allegria.
Il grande Gianni Rodari l'aveva capito bene!
30.1.11
I disegni di Thomas
Due anni fa, il 27 gennaio del 2009, avevo pubblicato un post dal titolo
"I disegni di Helga", una bambina sopravvissuta al campo di sterminio di Terezin.
Con qualche giorno di ritardo sulla data del giorno della memoria questa sera parlo dei disegni di Thomas.
Thomas Geve - Qui non ci sono bambini. Un'infanzia ad Auschwitz
Dall'Introduzione dell'autore:
"Avevo tredici anni quando fui mandato ad Auschwitz con mia madre. Era la fine di giugno del 1943. Poiché dimostravo più della mia età, ebbi la fortuna di essere considerato abile al lavoro. I bambini sotto i quindici anni erano inviati direttamente alla camera a gas. A parte un altro ragazzo, uno zingaro di nome Jendros, allora ero il più giovane dei 18000 internati nel campo di Auschwitz I. Avevo il numero di matricola 127003. Mia madre fu mandata a Birkenau e lavorava alla fabbrica «Union». Purtroppo non sopravvisse. Dopo l'evacuazione di Auschwitz sono stato nel campo di Gross-Rosen, nel gennaio del 1945, e poi a Buchenwald, dove sono stato liberato l'11 aprile 1945. Prima di quel giorno non avevo mai conosciuto la libertà.
Ero gravemente debilitato e avevo perso le unghie dei piedi per l'attrito contro gli zoccoli di legno e per la denutrizione. Troppo malridotto per lasciare la mia baracca, il blocco 29, quello dei prigionieri antifascisti tedeschi, vi rimasi più di un mese dopo la liberazione del campo. Fu allora che eseguii una serie di settantanove disegni miniaturizzati, a colori, delle dimensioni di una cartolina, per illustrare i vari aspetti della vita in campo di concentramento. Li feci essenzialmente con l'intento di raccontare a mio padre la situazione cosi com'era realmente stata."
28.1.11
Franco S.
Questo è il cartone animato vincitore del concorso nazionale “I Giovani ricordano la Shoah” realizzato dagli alunni delle classi IV A/B del III circolo didattico “G. Mazzini” di Bari, che il 27 gennaio, Giorno della Memoria, sono stati premiati dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale.
Il racconto, “Franco S.”, narra la storia di un giovane di Ferrara di 16 anni, deportato a Fossoli e poi a Buchenwald. Dopo il lavoro di ricerca storica, i bambini hanno creato un diario, disegnato tutte le scene e inserito nell’album foto, immagini e documenti. Guidati dalle insegnanti Danisi Domenica e De Feo Rosa, hanno animato i personaggi con il programma digitale 'I cartoon' e dato voce ai protagonisti, con dialoghi scritti da loro
Il racconto, “Franco S.”, narra la storia di un giovane di Ferrara di 16 anni, deportato a Fossoli e poi a Buchenwald. Dopo il lavoro di ricerca storica, i bambini hanno creato un diario, disegnato tutte le scene e inserito nell’album foto, immagini e documenti. Guidati dalle insegnanti Danisi Domenica e De Feo Rosa, hanno animato i personaggi con il programma digitale 'I cartoon' e dato voce ai protagonisti, con dialoghi scritti da loro
Modelli di ieri e di oggi per domani
Su Facebook sta girando questo invito:
In un periodo in cui la stampa, voyeuristica e morbosa, sembra attribuire alle donne come unica professione “il lavoro più antico del mondo”, riscopriamo le grandi donne del passato, per permettere a quelle del presente di avere modelli diversi di identificazione e non inibire lo sviluppo di quelle del futuro. Scegli una grande donna della storia e usane la foto nel tuo profilo.
Io ho scelto Ipazia di Alessandria,matematica, astronoma, filosofa, sostenitrice della libertà di pensiero, uccisa da una folla di fanatici cristiani.
Certo, non abbiamo bisogno di cercare chissadove nel tempo e nella storia donne che abbiano vissuto in modo onesto e con impegno.
I modelli positivi, di ieri e di oggi, ci sono e vanno fatti conoscere e valorizzati.
Ogni giorno.
Questa iniziativa virtuale vuole tenersi indipendente da qualsiasi bandiera o associazione, è assolutamente spontanea. Ogni donna è poi libera di auto-determinarsi in base alle proprie idee
GRUPPO SU FACEBOOK "DONNE CHE DICONO DI NO"
27.1.11
Incubo matematica?
da la Stampa
Incubo matematica?
Tutta colpa dei maestri
Ricerca in quarta elementare:i bimbi si sentono inadeguati
maria teresa martinengo
"Mamma, sono negato, non capisco. Matematica è il mio incubo. Mi sento stupido». Quanti genitori riconoscono il proprio figlio in queste affermazioni? Tanti, probabilmente, perché tanti sono i bambini con un mediocre rapporto con i numeri, iniziato addirittura in prima elementare con un insegnante non attrezzato per sollecitare le abilità innate, dimostrate dalla ricerca psicologica.
A testimoniare una diffusa condizione di disagio è la ricerca «Atteggiamenti e credenze dei bambini nei confronti della matematica», condotta su 780 allievi di quarta in 17 scuole primarie di Torino e provincia: il 25% dei piccoli intervistati considera la materia «bestia nera», la meno amata, il 78% fa esperienza di «sentirsi bloccato e non sapere come proseguire» di fronte a un esercizio che crea difficoltà. Un terzo di questo 78% vive in maniera permanente nel panico quando c’è matematica. Per il 74%, poi, l’esperienza di essere bloccati si accompagna ad ansia e ad agitazione. L’indagine è stata curata dagli psicologi di TangramCentro Studi Processi e disturbi di apprendimento con il Centro di Psicologia Ulisse (specializzato in relazioni familiari ed educative). Le trenta domande del questionario - spiega la dottoressa Alessandra Petrolati - hanno indagato gli aspetti emotivi e le rappresentazioni che i bambini hanno della matematica, il perché di certe credenze che incidono sulla rappresentazione e la percezione di sé». Nonostante solo il 25% dichiari di non amare la materia, dal 78% che parla di malessere di fronte a un compito «è possibile ipotizzare che molti bambini sentano di non avere abilità, di non essere in grado di elaborare strategie per gestire la situazione. È come se pensassero che non c’è niente da fare».
Ed ecco l’ansia, l’agitazione. Un terzo dei bambini somatizza con mal di pancia, sudorazione. «Il “sentirsi bloccato” e il malessere, quindi una reazione emotiva intensa, fa supporre - riflette il dottor Mauro Martinasso, direttore del Centro Ulisse - che l’insuccesso in matematica veicoli per il bambino un significato che ha a che fare con un giudizio in merito alle proprie capacità e al proprio valore sia ai propri occhi sia a quelli degli insegnanti o dei compagni. E un’esperienza di questo tipo ripetuta può avere ripercussioni nella direzione di una ridotta autostima».
Una condizione che trova conferma in quel 50% di bambini che pensa che di fronte a un problema «la soluzione si trova subito o mai più». In pratica, la competenza in matematica come «abilità stabile», che si ha o non si ha. Non averla genera sofferenze. «Più significativo - prosegue la dottoressa Petrolati - è che oltre il 50% dei bambini pensa che “andare bene in matematica significa essere molto intelligente”». L’insuccesso, dunque, mette in forse le capacità intellettive globali. «Questi dati - conclude la dottoressa Cinzia Casini, psicologa impegnata con docenti e genitori nelle scuole - parlano del grande vuoto che esiste nel percorso formativo degli insegnanti, mostrano la necessità di lavorare per modificare le credenze sull’intelligenza e orientare l’azione in modo che le abilità matematiche siano vissute come modificabili e soprattutto in evoluzione. Non come un destino segnato.
La ricerca psicologica dice che “siamo tutti portati per i numeri” fin dalla nascita, ma sono fondamentali le opportunità che l’ambiente offre». La ricerca sarà presentata sabato alla scuola Casalegno, nel seminario «Intelligenza numerica e discalculia» con Daniela Lucangeli, ordinario in Psicologia dello Sviluppo dell’Università di Padova, tra i massimi esperti italiani di discalculia. "
Purtroppo sabato non potrò partecipare, ho letto solo oggi l'articolo e temo che le iscrizioni siano chiuse...Se qualche lettore andrà ci faccia sapere!
Sulla stessa "lunghezza d'onda" consiglio la lettura di un post scritto dall'amico Michele Maffucci, dal titolo "Chi ha paura della matematica? L’insegnante o l’allievo?". Si parla di scuole superiori, ma si sa che i problemi si trascinano e le lacune si allargano...a partire dai primi anni di scuola.
Mi piace la frase che Michele ricorda di aver sentito ripetere tante volte dalla sua insegnante: “Michele ricordati che la comprensione degli errori che fai in matematica è la cosa più importante per me, non pensare al risultato”. E' una frase che ripeto spesso ai miei allievi, la trovo incoraggiante e rassicurante, e assolutamente vera.
Ecofavole
Ambienti@moci: Ecofavole - testi creativi sul rispetto dell'ambiente
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Testi creativi realizzati dalla classe IA dell’Istituto Comprensivo San Vito Romano (Roma) sottola guida della professoressa Simona Martini nell’ambito del progetto Ambienti@moci legato al gruppo Tecnologie di Carta del ning La scuola che Funziona
Da leggere...Per riflettere...
25.1.11
FLASH MOB A TORINO!!
Mannaggia mannaggia io il mercoledì a quell'ora sarò a scuola a compilare pagelle...
Ma per chi può andare ecco di cosa si tratta:
FLASH MOB di protesta civile
L'ITALIA NON E' UNA REPUBBLICA FONDATA SULLA PROSTITUZIONE
"Avere una valigia di Louis Vuitton al braccio e Lele Mora come autista...pretendono di farci credere che sia la massima ambizione di una donna! Partecipare a tristi festini travestite da oggetto del piacere di un vecchio e patetico miliardario ossessionato dalla sua virilità... Pretendono di farci credere che sia per le donne il più autorevole attestato di affermazione sociale! Non ci hanno convinte! Nonostante quindici anni di lavaggio del cervello, di audience tv cercato mostrando donne nude e mute, di una classe politica sempre più volgare e sfacciata. Non ci hanno convinte! È ora di prendere la parola per dire basta."
Quando
Mercoledì 26 gennaio, dalle ore 18,30 alle 18,45
Durata 15 minuti
Puntualità imprescindibile
Dove
Stazione Porta Nuova Torino, atrio binari, sotto tabellone orari principale
Cosa
un flash mob di protesta civile, un’azione dimostrativa inattesa e carica di valenza simbolica. Una moltitudine di persone che si riunisce all'improvviso in uno spazio pubblico, attuando un'azione insolita per un breve periodo di tempo, per poi disperdersi.
Tratti riconoscibili dei partecipanti
PRESENTARSI CON:
- Abiti neri
- Grandi occhiali da sole
- Rossetto rosso sulle labbra
L'iniziativa è aperta a tutti, donne e uomini.
Poesia, musica e Tag cloud
Saltellando qua e là ho trovato una strana pagina.
Riporto dall'autore:
"Parole e nuvole è un’idea sperimentale sulla lettura della poesia. Si rielabora il testo di una poesia come se fosse una Tag Cloud, utilizzando un editor specifico come Wordle. Poi si sovrappone il risultato ottenuto su fotografie di nuvole e cielo, lavorando in PhotoShop o con qualsiasi altro editor grafico in grado di gestire più livelli. Poi si prova a leggere ricostruendo mentalmente la poesia e tenendo conto che la frequenza di ogni parola è evidenziata dal diverso corpo del carattere."
Un progetto analogo che però lega tag cloud e musica, è portato avanti da un'insegnante di musica, ed è rintracciabile alla pagina Macchine sonore.
Poffarbacco, anche io ho usato la LIM
Anche il nostro Circolo quest'anno ha avuto una LIM (lavagna interattiva): 3 plessi di scuola primaria, circa 800 allievi, una LIM.
Vabbè, non siamo i soli ad essere in questa tragicomica situazione, e il mio è il plesso più fortunato dei tre...
La LIM è stata installata a fine settembre, ma dal giorno dopo ha avuto problemi tecnici, risolti solo due giorni fa da un tecnico stanco probabilmente di sentirsi bombardato di telefonate e mail.
Oggi avevamo un'ora a disposizione, siamo andati nell'aula di inglese dove "l'oggetto del desiderio" (a questo punto fortunatamente non del desiderio di tutti gli insegnanti) è stato installato.
Abbiamo fatto gare a squadre sulle tabelline, usando questo gioco
rompi-le-uova-imparerai-le-tabelline
In modalità LIM il gioco permette di toccare con un dito il numero che si presume si nasconda dietro l'uovo.
Annotati i risultati delle sfide ci siamo dati appuntamento alla prossima settimana per una nuova sfida. A casa i bambini potranno esercitarsi, il gioco è inserito nella pagina del portale dedicata alla matematica.
24.1.11
Voglio lasciar volare
"...Un uomo osservava curioso la nascita di una farfalla dal bozzolo. La bestiola si contorceva e faceva tentativi immani per liberarsi dall’involucro che la teneva prigioniera: le ali si contraevano e si distendevano con sforzi penosi .
L’uomo s’impietosì e con le dita squarciò il bozzolo, afferrò le ali della farfalla e le distese.
Quella farfalla non volò mai.
Era proprio la fatica di uscire dal bozzolo che rendeva robuste ed efficienti le sue ali.
L’uomo di buon cuore aveva alleviato la pena e affrettato i tempi, ma l’aveva condannata a strisciare"
Bambini e social networks
mappa sulla navigazione sicura e responsabile.
Un interessante articolo di Giorgio jannis, dedicato ai bambini in rete.
Bambini e social network
Molti miei ex alunni hanno un profilo su facebook fin dall'anno scorso (prima media), non so quanti genitori abbiano però utilizzato a casa filtri di protezione o esercitino una funzione di controllo - accompagnamento. In molti casi hanno almeno l'accesso bloccato ai soli conoscenti, ma lo strumento ha ancora dei difetti e i ragazzini sono dei maghi ad aggirare ostacoli e protezioni. Sono nella lista dei loro "amici" in rete, li "leggo" crescere e se necessario ogni tanto faccio osservare che un certo commento se lo potevano proprio evitare...E' successo rare volte.
In quinta avevo ottenuto per loro un accesso alla chat de La Girandola, unica chat per bambini protetta e controllata molto bene di cui sono a conoscenza.
Per un bambino ricevere una mail dal responsabile che segnalava se si era scritto qualcosa di inopportuno o potenzialmente pericoloso è stato sicuramente più utile di tante lezioni.
Sicuramente quanto seminato in cinque anni di scuola primaria sull'uso della rete, l'esperienza del computer per ogni studente e il coinvolgimento delle famiglie qualche frutto lo ha dato, ma per quanti?
Come in tutte le cose che trasmettiamo, il problema è trasmetterle e nel miglior modo possibile, con tutti gli strumenti a nostra disposizione, non foderarsi gli occhi di prosciutto per pigrizia o senso di inadeguatezza, e parlare, parlare, parlare con i nostri bambini. E ascoltare, ascoltare, ascoltare...
Aiutiamoli a diventare navigatori esperti.
23.1.11
Siamo ricchi!
Museo di Scienze naturali di Torino
Per la seconda volta in un mese siamo tornati a visitare il Museo di Scienze Naturali di Torino.
Istituito nel 1978, il Museo Regionale di Scienze Naturali è ospitato nell'edificio seicentesco che fu sede dell'Ospedale San Giovanni Battista. Riunisce collezioni di botanica, entomologia, geologia - mineralogia - petrografia, paleontologia e zoologia, in parte provenienti dai Musei universitari e in parte frutto di nuove acquisizioni.
Davvero affascinante, ne consiglio la visita!
A proposito, lo sapevate che a Torino abbiamo avuto un elefante?
Nell'800 qualcuno regalò a Carlo Felice Fritz, un elefante indiano maschio.
L'animale fu ospitato a Stupinigi nel "serraglio - menageria" nell'edificio posto a destra di chi guarda la palazzina volgendo le spalle a Torino; il primo zoo del nostro Paese.
Come si sa gli elefanti sono longevi e la bestiola visse nella sua prigione dorata alcuni anni e la gente si abituò alla sua presenza e si affezionò.
Improvvisamente l'elefante impazzì, divenne feroce e si mise a distruggere tutto ciò che lo circondava finché fu abbattuto e donato dal re al Museo zoologico della Regia Università; attualmente l'animale è visibile presso il Museo Regionale di Scienze Naturali.
Cuneo is the new New York (Bagna cauda is state of mind)
Dopo i pensieri profondi del post precedente "ritorno in me" e vi segnalo l'mperdibile duetto-parodia con Bisio e Paola Cortellesi, che sulle note di “New York” di Alicia Keys e Jay Z, hanno cantato:
“Cuneo“. Il video inizia con la versione originale del brano, giusto per farsi l'orecchio, poi vi farete delle sane risate...cuneesi.
A volte mi sento un pezzo di groviera...
Ci sono momenti ed avvenimenti nella nostra vita che ci portano, volenti o nolenti, a darci degli stop per riflettere. Nel mio caso, essendo per natura un petardo di emozioni, gli stop sono spesso subìti in modo doloroso.
Ma sto invecchiando (tragedia ineluttabile) e forse sto anche diventando più saggia. Da non credere...Ciò che ci circonda è sempre più banale e scontato,le persone sono più tristi, insoddisfatte, e a volte incattivite, ma io non rinuncio a cercare una vita all'altezza dei miei sogni. Parlo di rapporti umani arricchenti, parlo di crescita e non di stagnazione, parlo della ricerca della bellezza fuori e dentro di noi.
Questo pezzo sui buchi trovato in rete, (e non vi dico con quali parole ho effettuato la ricerca) oggi mi è parso fare proprio al caso mio, così me lo appunto, per rileggerlo ogni tanto.
La teoria dei Buchi
tratta da: “IL CUORE DEL DIAMANTE“ DI A.H. ALMAAS
"Oggi discuteremo un’idea fondamentale usata nel nostro lavoro: la teoria dei buchi.
Le persone, normalmente, sono piene di cosiddetti “buchi”.
Che cos’è un buco? Un buco è una parte di noi che è stata persa, vale a dire una parte di noi di cui abbiamo perso la consapevolezza.
Ciò che rimane è un buco, in un certo senso una mancanza.
E ciò di cui abbiamo perso consapevolezza è, naturalmente, la nostra essenza.
Quando non siamo consapevoli della nostra essenza, questa smette di manifestarsi e si perde.
Di conseguenza, noi sentiamo un senso di mancanza.
Così un buco non è altro che l’assenza di una parte di capacità di contatto,
una perdita di forza, una perdita di volontà, una perdita di chiarezza, una perdita di piacere, una perdita di una qualsiasi qualità della nostra essenza.
Ce ne sono molte. Ma quando si perdono, non si perdono per sempre; non si perdono mai per sempre. Se ne perde semplicemente il contatto.
Prendiamo per esempio la qualità del valore, dell’autostima. Quando perdiamo il contatto con il nostro valore, in realtà è come se sentissimo un buco dentro di noi; è vuoto.
Quindi sentiamo un senso di mancanza, un senso di inferiorità e desideriamo riempirlo
con un valore esterno: approvazione, lode o altro.
Così cerchiamo di riempire il buco con un falso valore che viene dall’esterno.
Tutti andiamo in giro pieni di buchi, di cui non siamo consapevoli.
Normalmente siamo consapevoli dei desideri: “Desidero questo, desidero quello. Desidero questa lode, desidero avere successo in questo, desidero che questa persona mi ami. Desidero questa o quella esperienza”. La presenza di desideri e di necessità indicano la presenza di buchi.
Naturalmente questi buchi hanno avuto origine nell’infanzia,in parte quale risultato di esperienze traumatiche, conflittuali con il nostro ambiente.
In quel periodo ci siamo separati da una di queste qualità.
...
Quando in seguito entriamo in relazione con qualcuno in modo profondo (e più profondo è il modo, più questo accade), noi riempiamo questi buchi con l’altra persona.
Alcuni dei nostri buchi si riempiono con ciò che crediamo o sentiamo di ricevere dall’altro.
Ci sentiamo valutati, perché l’altro ci apprezza e questo riempie i nostri buchi.
Non siamo consapevoli che noi stiamo riempiendoli con il suo apprezzamento,
semplicemente ci sentiamo interi e preziosi quando siamo con l’altro.
Così, quando siamo con quella persona, sentiamo veramente di avere valore,
ma inconsciamente sentiamo che è l’altro che ci dà il nostro valore.
L’altra persona non solo ci fa sentire preziosi, ma qualsiasi cosa l’altro ci dia,
è una parte di noi, una parte di quella pienezza che stiamo sperimentando.
Così, inconsciamente, quella parte della persona che ci fa sentire il nostro valore,
noi non la vediamo separata da noi. La vediamo come una parte di noi,come il riempimento di questo buco.
Non sappiamo che esiste un buco, sentiamo soltanto la pienezza.
Se la persona muore, o la relazione finisce, noi non sentiamo che stiamo perdendo quella persona, ma che stiamo perdendo qualunque cosa stia riempiendo il buco.
Così la perdita della persona non è sentita come la perdita di una persona distinta.
La sperimentiamo come una perdita di noi stessi, perché inconsciamente noi vediamo quella persona come il riempimento di una parte di noi.
In questo modo, l’altro diventa parte di noi, così che, perdendo quella persona,
noi sperimentiamo la perdita di una parte di noi e, quindi, sentiamo un buco.
Per questo è così doloroso. E’ come se ci tagliassero e ci portassero via qualcosa di noi.
A volte sentiamo di avere perso il cuore; altre volte la nostra sicurezza,la nostra forza, la nostra volontà, o qualunque cosa l’altro appagava in noi.
A volte l’altro ci dà volontà, o forza, o appoggio, o amore, o valore.
E così, quando perdiamo una persona vicina, sentiamo il buco che questa persona aveva riempito.
E naturalmente i buchi non vengono riempiti completamente e perfettamente.
Riempie perfettamente i nostri buchi, soprattutto se anche lui desidera che noi riempiamo i suoi buchi.
Ora, quindi, possiamo capire meglio perché la perdita di qualcuno molto vicino a noi,
molto intimo, sia così dolorosa.
Dopo essere stati a lungo con questa persona, siamo così abituati al suo completamento,
da credere che l’altro sia una parte di noi.
Perdere quella persona, è come perdere una parte di noi stessi.
Qui emerge un altro fattore.
Quando sperimentiamo la perdita e la separazione, abbiamo la possibilità di vedere che ciò che ci riempiva non era, in realtà, una parte di noi stessi.
E se rimaniamo con la ferita ed il dolore della perdita, senza cercare di coprire questo dolore con qualcos’altro, probabilmente sentiamo il vuoto, sentiamo il buco, vediamo il buco.
Poi, se permettiamo a noi stessi di sentire questa mancanza, questo vuoto, possiamo anche trovare la parte essenziale di noi che riempirà veramente il buco,
dall’interno, una volta e per tutte.
Non è neppure un riempire; è semplicemente un eliminare il buco ed un identificarci
con la mancanza. In questo modo, riguadagniamo una parte di noi stessi.
Ci riconnettiamo con la parte della nostra essenza che avevamo perso e che pensavamo
che solo qualcun altro avrebbe potuto darci.
Può essere molto doloroso.
La maggior parte di noi prova una perdita di autostima, quando finisce una relazione,
ed è per questo che faccio l’ esempio particolare del valore.
Ma se rimaniamo con questo sentire e poniamo lì la nostra attenzione e ci chiediamo:
“Come mai mi sento così senza valore, come mai mi sento un nulla, solo perché quella persona non è più con me?
Perché sento di avere molto meno valore?“
Se rimaniamo in contatto con questo sentire, senza cercare di riempirlo, ma solo prestandovi attenzione e cercando di comprenderlo, allora faremo esperienza della mancanza e del buco.
Se capiamo questa mancanza e da dove scaturisce, potremmo anche ricordare l’avvenimento reale o gli schemi di comportamento che hanno determinato la nostra perdita di valore.
Normalmente un buco si riempie con una parte della nostra personalità che ha il ricordo
di ciò che si è perso, il ricordo della situazione che ha causato la perdita, il ricordo delle ferite e dei conflitti.
Dobbiamo entrare in contatto con la ferita al livello più profondo, avvicinarci al buco stesso, ed allora vedremo il ricordo di ciò che si è perso.
E quando vedremo questo ricordo, anche l’essenza che si era persa comincerà a fluire di nuovo.
Ogni perdita profonda è dunque un’opportunità per crescere, per capire di più noi stessi, per fare esperienza dei buchi, che crediamo possano essere riempiti solo da qualcun altro.
Ma normalmente noi ci difendiamo come pazzi dal sentire profondamente una perdita.
Non sappiamo che il buco, il senso di mancanza, è il sintomo di una perdita di qualcosa
di più profondo, la perdita dell’essenza, che può essere recuperata.
Pensiamo che il buco e la mancanza siano ciò che siamo in realtà al livello più profondo, e che oltre a questo non ci sia nulla.
Pensiamo che ci sia qualcosa di sbagliato in noi, qualcosa di fondamentalmente sbagliato.
La sensazione di qualcosa di sbagliato è come avvertire inconsciamente la presenza del buco.
Ma faremo di tutto per non sentire questo buco, per non sentire realmente questa mancanza.
Crediamo che se ci avviciniamo molto al buco, questo ci inghiottirà.
Se il nostro lavoro ci sta portando, ad esempio, al buco dell’amore, potremmo sentirci minacciati da una solitudine e da un senso di vuoto devastanti.
Altri buchi ci porteranno come una minaccia di annientamento.
Non dobbiamo quindi meravigliarci, se non vogliamo avvicinarci!
Ma nel nostro lavoro, abbiamo notato una cosa sorprendente: quando smettiamo di difenderci dal sentire un buco, l’esperienza reale non è dolorosa.
Sperimentiamo semplicemente uno spazio vuoto, la sensazione che lì non ci sia nulla,
un senso di vastità, ma non un minacciante non-essere.
La vastità permette all’essenza di emergere ed è l’essenza e solo l’essenza che può eliminare il buco, quella mancanza che viene da dentro."
22.1.11
21.1.11
Mi piace
Sigla della serie "Saving Grace", è stata scritta ed interpretata dal rapper statunitense Everlast.
20.1.11
Io sono qui
Premessa: questo non è un blog in cui si parla di politica, questo è un blog in cui si parla di vita, di scuola, di esperienze. E' scritto da me, una donna. Per rispetto nei confronti dei miei lettori tendo a non sbilanciarmi, so che le famiglie di molti allievi e ex allievi visitano le mie pagine, non conosco le loro idee politiche, le rispetto tutte. Come insegnante ho il dovere di impegnarmi affinchè i piccoli allievi e le piccole allieve con cui lavoro crescano con consapevolezza, con curiosità, con la voglia di confrontarsi con tutti, di ascoltare e di essere cittadini attivi.
La parola "politica", che troppe volte ormai per noi ormai ha un'accezione negativa, risale ad Aristotele ed è legata al termine "polis", che in greco significa la città, la comunità dei cittadini; politica, secondo il filosofo ateniese, significava l'amministrazione della "polis" per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.
Io faccio parte di una comunità, voglio partecipare, cerco strade e modi per far sentire la mia voce, e se c'è un appello rispondo.
L'articolo che riporto è stato scritto dal direttore dell'Unità, una donna molto intelligente e di grande cultura.
L'appello che troverete al fondo è su L'Unità.
Avrei preferito un appello su uno spazio più neutro, perchè avebbe favorito l'incontro di donne di destra, sinistra, centro, nord, sud e isole, per rispondere insieme "Io ci sono, io non sono in vendita, io combatto tutti i giorni per i valori in cui credo, per la mia dignità e per la dignità di ogni essere umano, per la giustizia, per la legalità, io voglio conquistare i miei piccoli/grandi successi a costo di fatica e impegno e non di regalie..."
Spero che nasca presto uno spazio così, spero ne nascano tanti di spazi virtuali e fisici in cui ritrovarci e condividere valori.
Nel frattempo pubblico questo. E firmo.
"Invece"
di Concita De Gregorio
18 gennaio 2011
"Esistono anche altre donne. Esiste San Suu Kyi, che dice: «Un’esistenza significativa va al di là della mera gratificazione di necessità materiali. Non tutto si può comprare col denaro, non tutti sono disposti ad essere comprati. Quando penso a un paese più ricco non penso alla ricchezza in denaro, penso alle minori sofferenze per le persone, al rispetto delle leggi, alla sicurezza di ciascuno, all’istruzione incoraggiata e capace di ampliare gli orizzonti. Questo è il sollievo di un popolo».
Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.
Sono sicura, so con certezza che la maggior parte delle donne italiane non è in fila per il bunga bunga. Sono certa che la prostituzione consapevole come forma di emancipazione dal bisogno e persino come strumento di accesso ai desideri effimeri sia la scelta, se scelta a queste condizioni si può chiamare, di una minima minoranza. È dunque alle altre, a tutte le altre donne che mi rivolgo. Sono due anni che lo faccio, ma oggi è il momento di rispondere forte: dove siete, ragazze? Madri, nonne, figlie, nipoti, dove siete. Di destra o di sinistra che siate, povere o ricche, del Nord o del Sud, donne figlie di un tempo che altre donne prima di voi hanno reso ricco di possibilità uguale e libero, dove siete? Davvero pensate di poter alzare le spalle, di poter dire non mi riguarda? Il grande interrogativo che grava sull’Italia, oggi, non è cosa faccia Silvio B. e perché.
La vera domanda è perché gli italiani e le italiane gli consentano di rappresentarli. Il problema non è lui, siete voi. Quel che il mondo ci domanda è: perché lo votate? Non può essere un’inchiesta della magistratura a decretare la fine del berlusconismo, dobbiamo essere noi. E non può essere la censura dei suoi vizi senili a condannarlo, né l’accertamento dei reati che ha commesso: dei reati lasciate che si occupi la magistratura, i vizi lasciate che restino miserie private.
Quel che non possiamo, che non potete consentire è che questo delirio senile di impotenza declinato da un uomo che ha i soldi – e come li ha fatti, a danno di chi, non ve lo domandate mai? - per pagare e per comprare cose e persone, prestazioni e silenzi, isole e leggi, deputati e puttane portate a domicilio come pizze continui ad essere il primo fra gli italiani, il modello, l’esempio, la guida, il padrone.
Lo sconcerto, lo sgomento non sono le carte che mostrano – al di là dei reati, oltre i vizi – un potere decadente fatto di una corte bolsa e ottuagenaria di lacchè che lucrano alle spalle del despota malato. Lo sgomento sono i padri, i fratelli che rispondono, alla domanda è sua figlia, sua sorella la fidanzata del presidente: «Magari». Un popolo di mantenuti, che manda le sue donne a fare sesso con un vecchio perché portino i soldi a casa, magari li portassero. Siete questo, tutti? Non penso, non credo che la maggioranza lo sia. Allora, però, è il momento di dirlo."
LA TUA FRASE
PER DIRE "ORA BASTA"
COMMENTA E FIRMA ANCHE TU
Firmiamo per le piccole preziose api
Ho ricevuto dal mio amico Luca, corista del Sunshine e bravo apicultore, questo appello da far girare il più possibile:
EMERGENZA GLOBALE DELLE API
Bella l'idea di produrre con le nostre firme un gigante ronzio globale per chiedere che alcuni prodotti chimici pericolosissimi siano messi fuori legge negli USA e nell'UE...
Io ho ronzato, cosa aspettate a farlo anche voi?
19.1.11
18.1.11
17.1.11
Ecco da chi hanno copiato/incollato malamente i nostri...
Vi invito a leggere:
PREMIARE L'ECCELLENZA NELL'INSEGNAMENTO
Un progetto dello Stato di Victoria (Australia)
Qualcuno riesce a fare sperimentazioni serie, qui in Italia si scopiazzano malamente idee altrui senza capire il contesto in cui sono nate e il progetto educativo che ne è alla base.
16.1.11
14.1.11
Ci risiamo con le prove Invalsi
Il collega Roberto Sconocchini ha pubblicato le date delle prove e tutte le prove degli anni scorsi,
utilissime per allenarsi e capire di che si tratta.
Un consiglio?
Scaricatele, studiatele per capire cosa è necessario
modificare/ampliare nel vostro programma e nel vostro metodo...
12.1.11
Impara a ridere di te stesso
"Se riesci a ridere di te stesso, va tutto bene. La gente ride degli altri, mai di se stessa. È una cosa da imparare. Se puoi ridere di te stesso, la serietà se n’è già andata. Non le lasci alcuno spazio se riesci a ridere di te stesso.
Nei monasteri Zen, tutti i monaci devono ridere. La prima cosa che si fa al mattino è ridere, la primissima cosa. Non appena il monaco si accorge che non sta più dormendo, deve saltar giù dal letto, assumere un atteggiamento buffo – come un pagliaccio da circo – e cominciare a ridere, a ridere di se stesso. Non c’è modo migliore per cominciare la giornata.
Ridere di se stessi uccide l’ego, ti rende più limpido, più leggero, quando ti muovi nel mondo. E, se hai riso di te stesso, la risata di chi ride di te non ti potrà certo disturbare. Anzi, stanno semplicemente cooperando, stanno facendo la stessa cosa che hai fatto tu. Ne sarai felice.
Ridere degli altri è egoistico, ridere di sé è molto umile. Impara a ridere di te – della tua serietà e di tutte queste cose. Ti può capitare di prendere molto sul serio la tua serietà. Allora invece di una malattia, ne avrai create due. E in seguito prendi seriamente anche questa cosa, e così via. Non c’è fine a una situazione del genere, puoi continuare fino alla nausea.
Così è meglio se l’affronti fin dall’inizio. Non appena senti che stai diventando serio, mettiti a ridere, e cerca dentro di te dove si trova questa serietà. Fatti una risata, una bella risata, chiudi gli occhi e cerca dove è finita: la serietà si trova solo in un essere che non sa ridere.
Non c’è situazione più sfortunata di questa, non si riesce a immaginare qualcuno più disgraziato di un uomo che non sa ridere di se stesso. Per cui comincia il tuo giorno ridendo di te stesso, e ogni volta che trovi un momento libero nella tua giornata… quando non sai cosa fare, fatti una gran risata. Senza motivo – solo perché il mondo intero è così assurdo, solo perché è così assurdo il modo in cui sei fatto tu.
Lascia che la risata nasca proprio dalla pancia, che non sia qualcosa di mentale. Uno può anche ridere di testa, ma allora è una cosa morta. Tutto quello che viene dalla testa è morto, assolutamente meccanico. Certamente, puoi anche ridere di testa, ma la risata non raggiungerà alcuna profondità, non arriverà nella pancia, nell’hara. Non andrà giù fino alle dita dei piedi, non si espanderà in tutto il corpo. Una risata vera è come quella di un bambino. Guarda come si scuote la sua pancia, tutto il suo corpo sussulta – si rotola sul pavimento. È una questione di totalità. Ride talmente che comincia a piangere; ride così totalmente che la risata si trasforma in lacrime, cominciano a scendergli lacrime dagli occhi. Una risata dovrebbe essere profonda e totale. Questa è la medicina che prescrivo contro la serietà."
Osho Rajneesh
Guai a buttare i tappi!
Ottima idea per riciclare tappi di bottiglia di plastica per progettare giochi simili a Scarabeo e a Paroliamo
9.1.11
Rapporti e nuvole
Dedicato a chi ho trascurato e a chi ho mandato in overdose d'affetto.
I rapporti come nuvole
si separano e riuniscono
di continuo si trasformano
quelli eterni o di un attimo
la madre chiede un tempo
l'amico chiede un tempo
per rimanere sui tuoi passi
l'amore chiede un tempo
come la rabbia chiede un tempo
per nascere ed esprimersi
i rapporti si scelgono e subiscono
si costruiscono e distruggono
vari versatili e variabili
non sottometterli a una norma
e pensare che alle volte sembra ci imprigionino
e pensare che altre volte invece non ci bastano
uno che ci faccia ridere un altro piangere
come sempre come ovunque come noi
i figli chiedono un tempo
i vicini chiedono un tempo
le lamentele come i complimenti
gli amanti chiedono un tempo
come i nemici chiedono un tempo
per non farci appagare mai
i rapporti sono come nuvole
si separano e riuniscono
I rapporti come nuvole
si separano e riuniscono
di continuo si trasformano
quelli eterni o di un attimo
la madre chiede un tempo
l'amico chiede un tempo
per rimanere sui tuoi passi
l'amore chiede un tempo
come la rabbia chiede un tempo
per nascere ed esprimersi
i rapporti si scelgono e subiscono
si costruiscono e distruggono
vari versatili e variabili
non sottometterli a una norma
e pensare che alle volte sembra ci imprigionino
e pensare che altre volte invece non ci bastano
uno che ci faccia ridere un altro piangere
come sempre come ovunque come noi
i figli chiedono un tempo
i vicini chiedono un tempo
le lamentele come i complimenti
gli amanti chiedono un tempo
come i nemici chiedono un tempo
per non farci appagare mai
i rapporti sono come nuvole
si separano e riuniscono
Matematica senza frontiere
Il 15 gennaio prossimo è l’ultimo giorno utile per iscrivere le proprie classi alla gara internazionale “Matematica senza frontiere“.
http://www.matematicasenzafrontiere.it/
La gara, inizialmente riservata alle classi seconde e terze delle scuole secondarie di secondo grado, ha esteso la partecipazione a tutti i gradi scolastici. Infatti, la partecipazione è stata ampliata alla classe quinta della scuola primaria, alle classi prima e terza della scuola secondaria di primo grado. È stata anche attivata l’interessante sperimentazione del gruppo misto: classe quinta della scuola primaria e classe prima della secondaria di primo grado.
L’iscrizione deve essere effettuata entro il 15 gennaio 2011 online all’indirizzo: http://old.istruzione.lombardia.it/msf/2011/index.php.
La Gara Ufficiale è prevista il 22 marzo 2011 (unica per tutte le Nazioni).
Suggeriamo di scaricare e proporre ai propri studenti le “prove d’accoglienza“ scaricabili accedendo a: http://www.istruzione.lombardia.it/msf.
Qui vi troverete anche i testi e le soluzioni delle edizioni precedenti, sono quesiti molto interessanti anche perché ricordano molto lo stile delle ben note prove Invalsi.
FONTE: http://lnx.sinapsi.org
p.s. chiedo scusa se non l'avevo segnalata subito
4.1.11
Le parole della scuola
Come trovare la bussola tra le parole della scuola?
Sigle (acronimi), abbreviazioni, linguaggio tecnico, nuova terminologia possono disorientare: con questa pagina sul sito dell'Ufficio scolastico Regionale della Lombardia si cerca di facilitare l’orientamento di chi non vive quotidianamente nel mondo della scuola.
http://www.istruzione.lombardia.it/il-sito/glossario/
3.1.11
Oggi racconto una bella storia
Niky è un ragazzo che, a causa di una particolare forma di asma, trova particolare beneficio a vivere sul mare.
I suoi genitori, Paola Giacotto e Paolo Frascisco, vista la difficoltà per Niky di vivere una vita sana e senza l'ausilio di farmaci sulla terraferma, hanno deciso di costruire una goletta, il Walkirye, e di lasciare Bellinzago Novarese, in provincia di Novara, per poter vivere sul mare e garantire, così, una vita serena al piccolo Niky.
Mi ricordo bene quando alla televisione facevano vedere il giardino di casa sua con la barca in costruzione. Sembrava una follia, una magnifica follia che è stata realizzata!
Da più di sei anni Nicky e la sua famiglia vivono in mare.
Durante l'anno si spostano lungo i porti italiani, sostenuti dalla Guardia di Finanza; in estate sono ormeggiati nelle Isole Eolie dove, da giugno ad agosto, organizzano micro-crociere, per auto finanziare l'associazione Walkirye Adventures, che si occupa di tenere Niky a vivere sul mare e di divulgare il sistema di istruzione attraverso la videoconferenza, di cui Niky è il progetto pilota.
Paolo e Paola sono riusciti, attraverso il progetto Una scuola per Niky, in collaborazione con il Miur, Telecom Progetto Italia, Telespazio, Aethra e Guardia di Finanza a garantire anche la frequenza scolastica: attraverso un sistema innovativo di educazione scolastica e di integrazione a distanza (in video conferenza satellitare), Niky frequenta regolarmente l'Istituto Francesco Riso di Mondello, vicino Palermo.
A giugno ha dato gli esami di terza media ed è stato bravissimo!
Dal pc Niky studia, gioca e comunica con i suoi amici. In questi anni è anche diventato junior ambassador dell’ Unicef e con la goletta ha fatto tappa nei maggiori porti d’Italia. Il suo viaggio è una sfida alla malattia.
Le parole di Nicky:
Ciao sono Niky un bambino che per un problema di salute vive sul mare.
Per questo con la mia famiglia abbiamo costruito la nostra barca (il Walkirye una goletta di 26 metri) nel giardino di casa in mezzo alle risaie , varata a Cremona sul Po e poi siamo scesi verso il mare.
Adesso sono cinque anni che viviamo così.
Andando per Mare ho visto che succedono delle cose brutte.
Io vado a scuola con un sistema di video conferenza satellitare che ci siamo inventati e stiamo sperimentando nella speranza che in futuro sia utilizzato per tutti quei bambini che non possono andare a scuola perché molto malati o isolati.
Ho pensato di fare un viaggio nel Mediterraneo per conoscere e fare parlare i bambini che ci abitano con i bambini italiani del diritto all'istruzione mettendogli a disposizione la mia apparecchiatura.
All'Unicef è sembrata una buona idea e per questo mi ha eletto suo ambasciatore.
Mentre la Guardia di Finanza mi ha adottato.
Questo progetto lo chiamano "Niky e la scuola vagabonda".
Toccheremo tutti i porti dove riusciremo ad entrare di Tunisia, Egitto, Libia, Israele, Libano, Siria, Turchia, Cipro, Grecia, Albania, ex Jugoslavia.
Se ce la facciamo, rientriamo in Italia e lo diciamo a tutti che noi piccoli ci siamo parlati.
Nel modo per noi più semplice, andando ad organizzare incontri con le scuole in tutti i porti Italiani poi su fino in Francia, Corsica e Sardegna, per finire a Palermo dove il viaggio è cominciato.
Sulla storia di Nicky è stato fatto un film: "Il bambino sull'acqua".
Se volete scrivere a Nicky: Frascisco@libero.it
Lettere alla maestra
Ho ricevuto oggi una mail da un mio allievo, una letterina simpatica che terminava con un p.s. :nella foto mi vedi che ti scrivo.
Un bel modo davvero per far sentire noi maestre parte del loro mondo!
Un grazie a papà e mamma, per averci pensato.
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