10.3.16

Italia Donati, maestra




Un carissimo amico mi segnala questo spettacolo, con piacere gli dedico uno spazio
“Italia Donati, maestra” di Claudio Vittone
Liberamente ispirato al romanzo "Prima della Quiete" di Elena Gianini Belotti
regia Massimiliano Giacometti

Teatro Civico Garybaldi di Settimo Torinese – Via Partigiani 4 Venerdì 18 e sabato 19 marzo 2016
ore 21,30
per prenotazioni 011 643038 (dal lunedì al venerdi ore 14-18) 011 8028501 (dal lunedì al venerdi ore 16-19) 



6 giugno 1886
Povera Italia
In un paesino sui monti attorno a Pistoia un corteo funebre si avvia al cimitero. In testa due preti, poi la bara con una corona di rose e ginestre, poi una decina di bambine. Nessun altro, né uomini, né donne né ragazze. L’intero paese di Porciano, l’infame Porciano, è rimasto in casa per desiderio della morta.
La morta è la maestrina Italia Donati. E’ arrivata in paese un paio d’anni prima, guadagna quarantacinque lire al mese con cui mantiene, oltre a se stessa, tutta la famiglia che abita a pochi chilometri. Prende alloggio in casa del sindaco dove. Ha 20 anni, ha entusiasmo, è gentile e affabile. Ma ha un difetto fatale: è bella. Immediatamente cominciano i pettegolezzi. Al sindaco, bell’uomo con barbetta bionda, che vive disinvoltamente con la moglie e un’amante, viene attribuita anche la conquista della maestrina. Poi si mormora del figlio del sindaco. Poi si sussurra del brigadiere dei carabinieri. La povera Italia è oggetto continuo di sorrisetti, allusioni, insinuazioni, talvolta di insulti aperti.
La ragazza chiede il trasferimento; le assegnano una scuola in un paesino vicinissimo che comunque, per bocca del sindaco, rifiuta “lo scarto di Porciano”. Italia non ha amici, nessuno che la difenda e allora chiede lei stessa un esame clinico ufficiale sulla propria verginità. Medico e ostetrica confermano e la cosa viene annunciata in consiglio comunale.
Non siamo in uno sperduto villaggio africano, non siamo nel Medioevo, ma nella civilissima Toscana, culla del Rinascimento, terra di grandi personaggi che hanno dato gloria e fama all’Italia. Ma Italia, la maestrina, non esce dal cerchio infernale del gossip. Ricominciano le voci, i sospetti, le certezze assolute che stavolta sia incinta. Troppo pallida, troppo sciupata e trasandata.
La ragazza è alla disperazione. Scrive alcune lettere, poi si allontana dal paese verso il mulino, raggiunge una specie di piccolo stagno fangoso tra due pareti di roccia, lascia in terra il grembiule rosso e si getta nell’acqua. Una donna di passaggio riconosce il grembiule, sospetta il peggio e quando lo stagno viene lentamente svuotato, appare infatti la sagoma nera della maestrina, morta per difendere il suo onore.
In una delle lettere chiede un’altra perizia sulla propria illibatezza e di essere sepolta nel malandato cimitero, senza la partecipazione degli infami. Sulla lapide, in vernice rossa, le sole iniziali ID. Non c’è una vera inchiesta, nessuno è indagato, tutti giurano di essere stati suoi amici, il parroco ammette di aver sentito quelle maldicenze e di non avergli dato peso: erano solo voci di paese.

Massimo Gramellini 



"La solitudine di una giovane e bella ragazza, maestra, in un paese che le diventa ostile per le insinuazioni della gente. Le vengono attribuiti vari amanti, dal sindaco al brigadiere dei carabinieri per finire al figlio del sindaco. La povera maestrina è oggetto di sorrisetti, allusioni, insinuazioni e anche insulti aperti.
Al tempo dell’unità d’Italia l’analfabetismo era altissimo. I vari governi del tempo si erano proposti di stroncarlo istituendo scuole rurali in ogni frazione, ma i comuni lesinavano e non avevano fondi disponibili. Le insegnanti erano malpagate, maltrattate, confinate in aule indecenti, private di materiale didattico e persino del gesso e dell’inchiostro, erano giovani ragazze isolate tra la gente diffidente e ostile all’intrusa e all’istruzione, soprattutto perché sottraeva i bambini al lavoro dei campi. Le maestre hanno avuto il grande merito di insegnare a leggere e a scrivere, tra enormi disagi e difficoltà, a generazioni di scolari dell’Italia unitaria. La storia personale della Donati si inserisce nella storia del nostro paese: un paese chiuso, arretrato, misogino e pieno di pregiudizi.
Mano a mano che lo leggevo, mi rendevo conto che mi sarebbe piaciuto metterlo in scena.
Solitudine e maldicenza è l’atmosfera che regna in questo testo.
E’ uno spettacolo sulla calunnia, sul fango che si getta, alle volte, solo perché si è belle e istruite come Italia Donati. Una vicenda d’altri tempi, quella d’Italia, in cui la condotta morale di una fanciulla, aveva, in ogni senso rispetto ad oggi, un altro peso ... ma non fino in fondo: non sta ad esempio riaffiorando ultimamente, con l’estendersi del precariato, il problema del ricatto sul posto di lavoro?
Ci sono sempre più donne che muoiono dentro, attraverso la lapidazione, a causa di mariti e padri padroni, altre che patiscono soprusi come l'infibulazione. Donne senza diritti che subiscono in silenzio le angherie di presunti esseri che sono tutto fuorché umani. Lo spettacolo è anche una importante opportunità per riflettere su questa condizione umana.
Condizione che per certi aspetti non è cambiata dalla fine dell’Ottocento, quando la storia di Italia Donati avviene.
Nello spettacolo era importante dar voce a Italia che, voce non ne ha mai avuta nella vicenda, dar voce attraverso il racconto dei personaggi che l’anno attraversata, quasi un’orazione funebre che precede la sua morte, un riaffiorare alla memoria attraverso il suo desiderio di riportare alla luce, quella luce che si è spenta sul fondo del bacino del mulino. Italia assiste i personaggi quasi come uno spettro vagante, nella confessione per restituirla alla storia.

... credo che questa storia ci debba “muovere” qualcosa nelle nostre coscienze e non sia solo emozione, indignazione, non sia solo pietà per ciò che è accaduto un tempo, ma farci riflettere, che lì dietro l’angolo tutto ciò succedere ancora oggi."

Massimiliano Giacometti 

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